Le storie
Antonio
Antonio ha 56 anni ma ne dimostra almeno 10 in più. Vivere in strada, mangiare quando capita e dormire avendo un’auto come unica casa non aiuta certo il fisico a mantenersi in forma. Vivere in strada non aiuta neanche a capire se il mal di stomaco che ti perseguita da settimane è dovuto al fatto di mangiare poco e male oppure a qualcos’altro. Quando si è deciso a farsi vedere da un medico il cancro allo stomaco era ormai al terzo stadio, quello che statisticamente non ti lascia più del 10% di possibilità di sopravvivenza. E’ stato quindi operato : gli è stata asportata parte dello stomaco ed ha iniziato a fare la sua chemioterapia di giorno, mentre ha continuato a smaltirne gli effetti di notte nella sua auto.
Fino a 10 anni fa Antonio era un dirigente di un noto mobilificio del Nord Italia con un ottimo stipendio, una bella casa ed una bella macchina.
La società dove lavorava ha iniziato ad avere problemi economici ed ha dovuto ridurre il personale. Antonio è stato tra coloro che hanno perso il posto. Il dissesto economico che ne è derivato gli ha fatto perdere la casa, messa all’asta, come tante, dalla banca che gli aveva concesso un mutuo.
Antonio non si è perso d’animo : è andato a vivere in uno stanzino messogli a disposizione dal fratello ed ha iniziato a cercare lavoro, trovando però solo occupazioni precarie. E’ andato avanti per qualche tempo ma ha dovuto lasciare la casa del fratello per dissapori con la sua famiglia. Ha continuato a lavorare in modo sempre più precario trovando ospitalità presso l’anziana madre. Due anni fa non è più riuscito a trovare lavoro, neanche il più umile…e dire che qualche anno prima, pur di guadagnare qualcosa, aveva accettato anche di fare il becchino al Cimitero Maggiore..
La madre di Antonio non lo ha più voluto in casa e nessuno dei suoi 5 fratelli, pur vivendo anche loro in condizioni precarie, si è sentito in dovere di dargli ospitalità o un aiuto economico. Antonio ha quindi deciso di fare l’unica cosa possibile : andare a vivere nella sua macchina, l’unico bene che gli restava, cambiando però strada ogni notte perché si vergognava della sua condizione. Nei due anni passati in macchina non si è però dimenticato della sua famiglia : quando sua madre è stata male l’ha accudita per diversi mesi nonostante lei non lo volesse più ospitare.
Per ben due anni Antonio è vissuto nella sua auto, convivendo con gli effetti devastanti del cancro che avanzava e con la assoluta indifferenza della gente del suo quartiere e delle istituzioni.
Quando è stato “trovato” da un giornalista che ha raccontato la sua storia, le istituzioni si sono accorte di lui e gli hanno offerto un posto al dormitorio comunale, come se un malato di cancro potesse vivere in un posto del genere.
Quando l'ho incontrato mi è sembrato solo molto infastidito dalla risonanza mediatica che l’articolo su di lui aveva provocato : un noto network nazionale è arrivato a proporgli del denaro perché si facesse riprendere inquadrando la cicatrice dell’intervento chirurgico e la fistola toracica che in ospedale usano per fargli la chemioterapia…
Con un po’ di fortuna sono riuscito a trovargli una buona sistemazione : un piccolo appartamento con un giardino, già arredato, dove si è trasferito subito. Gli ho rimesso in sesto l’auto e l’ho assicurata in modo che potesse usarla per spostarsi dalla sua nuova casa all’ospedale. Ho dato ad Antonio anche quanto necessario per mangiare decorosamente tutti i giorni e mi è sembrato come rinato, avendo recuperato la sua dignità persa nelle troppe notti vissute in auto in compagnia solo del suo cancro.
Purtroppo, la sua felicità è durata poco : poche settimane dopo che aveva ricominciato a fare la spesa e a cucinare tutti i giorni nella sua nuova casa si è accorto di non riuscire più ad alimentarsi.
E’ quindi tornato in ospedale per capire cosa succedeva, pensando che il suo problema fosse dovuto agli effetti collaterali della chemioterapia. In ospedale non hanno avuto il coraggio di spiegargli che il suo cancro è in uno stadio talmente avanzato che le metastasi gli hanno completamente invaso quello che resta del suo stomaco.
Ha dovuto quindi lasciare la sua nuova casa per tornare in ospedale. Antonio non tornerà più a casa è stato appena trasferito in una struttura per malati terminali anche se lui è convinto di essere in una struttura dove lo sottoporranno a terapie migliori, o forse ha capito benissimo e sta solo ingannando se stesso.
Quando sono andato a trovarlo in ospedale mi ha detto : “..non ho paura di morire…ho solo paura di lasciare i miei affetti…”, le stesse persone che lo hanno lasciato due anni in auto senza aiutarlo.
Antonio ha uno strano concetto di solidarietà.
Forse se fosse vissuto in una casa ed avesse avuto una vita normale, si sarebbe accorto molto prima del suo cancro e ce l’avrebbe fatta. Forse.
La prossima volta che qualcuno di noi trova per strada uno come Antonio, invece di evitarlo, potrebbe chiedersi come e perché è finito in quella condizione per rendersi poi conto che fino a poco tempo fa era esattamente uno come noi.